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Epidemiologia degli acufeni
 
 
Illustrano la gravità del fenomeno in termini di salute pubblica. Una delle stime più precise sulla prevalenza degli acufeni è stata realizzata in Gran Bretagna nel corso di uno studio nazionale sull'udito[. Questa indagine è stata realizzata in due fasi. Nella prima fase, fu spedito un questionario a 48.000 adulti estratti a caso dalle liste elettorali di quattro città (Cardiff, Glasgow, Nottingham, Southampton), con un tasso di risposta dell'80%. Questo questionario era limitato agli acufeni prolungati che duravano, cioè, per lo meno 5 minuti e spontanei, con esclusione quindi degli acufeni temporanei provocati da trauma acustico o da un'infezione delle vie aeree superiori. In una seconda fase, venne effettuata una valutazione clinica più approfondita (che comportava anamnesi medica e professionale, otoscopia, audiometria) condotta su un campione di 3.200 persone, selezionate tramite un test stratificato a partire da coloro i quali avevano risposto alla prima fase. È evidente quindi il rigore di tale analisi epidemiologica, ma anche l'ampiezza dei mezzi che sono stati dispiegati per condurla in modo efficace.
Descriveremo in breve i risultati più salienti di questa indagine, il cui interesse va oltre il semplice quadro epidemiologico e riguarda anche il campo fisiopatologico, come vedremo più avanti. Circa il 10% degli adulti ha (o ha avuto) degli acufeni prolungati spontanei.
Circa il 5% lamenta un disturbo medio o grave e il 5% disturbi del sonno la presenza contemporanea dei due tipi di disturbo è lamentata dal 6% circa dei soggetti. Questi dati suggeriscono che in Gran Bretagna ci siano almeno due milioni di adulti affetti dalla patologia. Si ipotizza una prevalenza simile in Francia, dove la popolazione è equiparabile.
Quasi l'1% dei soggetti ritiene che gli acufeni disturbino gravemente la qualità della vita e circa lo 0,5% reputa che gli acufeni riducano in maniera grave la capacità di condurre una vita normale. Tali percentuali corrisponderebbero, rispettivamente, ad almeno 400.000 e 200.000 persone in Francia.
Forse anche più interessante sul piano della salute pubblica, quasi il 7% degli adulti si rivolge, in un momento o in un altro, al medico di famiglia per gli acufeni, sia che compaiano isolati (3,5%) o associati a un disturbo uditivo soggettivo (3,5%).
 

 

Fattori di prevalenza nella popolazione adulta - La prima fase dello studio precedentemente descritto mette in risalto la significativa importanza di tre elementi, l'età, il rumore e i fattori socio-economici, confermando così alcune interpretazioni precedenti.

Età - La prevalenza di acufeni spontanei prolungati aumenta dal 4,3% nella classe di età 17-30 anni al 15,8% nella fascia dei 61-70 anni.

Rumore - Esposizione professionale: la prevalenza è del 7, 5% se l'esposizione professionale è stata nulla o bassa, mentre è del 20,7% se il paziente è stato sottoposto a un rumore rilevante durante la vita attiva.


Attività socio-economica - La prevalenza è maggiore per le professioni manuali (9,5%) rispetto a quelle non manuali (8%), indipendentemente dall'esposizione al rumore.
Alcuni risultati della seconda fase della ricerca permettono di andare ancora oltre. Le soglie audiometriche sono state confrontate con le informazioni provenienti dal questionario sugli acufeni spontanei prolungati, valutando la loro prevalenza in funzione del grado di sordità. Per giungere a ciò, i livelli uditivi sulle diverse frequenze audiometriche sono stati ripartiti in otto gruppi (10-19 dB, 20-29 dB, 30-39 dB, ecc.) ed è stata calcolata la prevalenza relativa prendendo come riferimento i soggetti con soglia normale (inferiore a 10 dB). Questo confronto rivela una correlazione molto significativa tra la soglia uditiva sulle frequenze acute (4.000 Hz) a livello dell'orecchio migliore e la prevalenza degli acufeni con ripercussioni medie o gravi. Tale relazione è illustrata da alcuni valori scelti a titolo di esempio: il rapporto di prevalenza è circa di tre quando la soglia è compresa tra 20 e 29 dB, raggiunge nove quando la soglia si trova tra 50 e 59 dB e 27 quando si superano gli 80 dB.
Se questa relazione è innegabile, non bisogna concludere però che gli acufeni di importanza media o grave siano sistematicamente associati a una perdita uditiva sulla frequenza di 4.000 Hz dell'orecchio migliore. Infatti, lo studio rivela che tali acufeni sono presenti nell'1,3% dei soggetti con una soglia inferiore a 10 dB sulla frequenza 4.000 Hz dell'orecchio migliore.
È interessante verificare la presenza di un'interazione tra i quattro fattori epidemiologici di cui abbiamo parlato fino ad ora: l'età, l'esposizione al rumore, i fattori socio-economici e le soglie audiometriche. Se si considera il livello uditivo, gli effetti degli altri tre fattori non sono più significativi. Vedremo alla fine di questa trattazione cosa si può ritenere sulla base di questa constatazione.
Paradossalmente, non esiste un legame altrettanto forte tra la prevalenza degli acufeni e la soglia uditiva sull'orecchio peggiore [7]. Uno studio precedente ha constatato che, nei soggetti che lavorano in ambienti rumorosi, gli acufeni unilaterali sono più frequenti dal lato dove l'udito è meno buono mentre sarebbe stato logico il contrario. Esiste dunque, su questo punto specifico, una certa incongruenza tra i risultati dei due studi, ma non bisogna dimenticare che le popolazioni analizzate non erano sovrapponibili: generale in un caso, limitata a operai che lavoravano in ambienti rumorosi nell'altro.
Concludiamo questa discussione epidemiologica nell'adulto riprendendo alcuni punti affrontati da Coles.
Riguardo alla relazione tra prevalenza degli acufeni e soglia uditiva sulle frequenze acute, non bisogna concludere che la sordità sia responsabile dell'acufene, ma piuttosto che i due fenomeni siano manifestazioni distinte di un disturbo localizzato nell'apparato uditivo.
L'effetto significativo dell'età, del rumore e dei fattori socio-economici sulla prevalenza degli acufeni scompare quando si prendono in considerazione le soglie uditive. L'età, l'esposizione al rumore e i fattori socio-economici sembrano dunque agire mediante la perdita uditiva che essi stessi favoriscono. Questa osservazione rafforza l'idea, confermata dalla clinica, secondo cui ogni processo in grado di causare una sordità è probabilmente anche in grado di provocare un acufene.
All'aumentare della gravità della disfunzione dell'apparato uditivo, la perdita uditiva risulta rilevante e aumenta la probabilità di avere acufeni fastidiosi. Questa affermazione contrasta con l'osservazione secondo cui un terzo dei soggetti con audiogramma anormale non avverte acufeni, indipendentemente dal grado di sordita. Concludiamo la discussione dicendo che l'estensione del disturbo uditivo è verosimilmente più determinante della sua eziologia.


Prevalenza nella popolazione pediatrica
I dati sono meno indicativi rispetto alla popolazione adulta. Secondo alcuni studi, la prevalenza nel bambino sordo sarebbe simile indipendentemente dal grado di sordità [8]: 56% in un gruppo di 55 bambini audiolesi, 66% in una popolazione di 92 bambini colpiti da sordità parziale e 29% in un gruppo di 66 bambini sordi ricoverati presso istituti. Questi studi rivelano tuttavia che, diversamente da quanto avviene nell'adulto, gli acufeni sono descritti come se fossero intermittenti dalla stragrande maggioranza dei bambini; solamente due di loro li definiscono permanenti. Una seconda differenza rispetto all'adulto consiste nelle ripercussioni dell'acufene: un disturbo elevato sarebbe raro dopo il primo studio, mentre si potrebbe osservare nel 31% dei bambini come descritto dal secondo studio. Un altro elemento interessante è che l'acufene rappresenta raramente un motivo di consultazione nel bambino sordo dalla nascita o nell'adulto portatore di una sordità congenita.
La dissociazione tra la prevalenza apparentemente piuttosto alta nel bambino sordo e l'assenza di lamentele da parte sua potrebbe essere legata a diversi motivi. Se il bambino sente degli acufeni da quando è molto piccolo, li considera probabilmente come una manifestazione normale e non vi presta più attenzione. In secondo luogo, i bambini sono forse meno sottoposti degli adulti a fattori psicologici che possono rendere l'acufene più fastidioso e sui quali torneremo in seguito. Infine, è possibile che i genitori ignorino le lamentele dei bambini sulla percezione degli acufeni. In base a questi presupposti, sembrerebbe che l'alta prevalenza descritta precedentemente sia in realtà il risultato di studi insufficientemente rigorosi, dato che un'analisi più recente ha riscontrato la presenza di acufeni solo nel 24-29% dei bambini audiolesi

 

 

 
 
 
 
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